L’importanza della costanza nella pratica di mindfulness

Qualche suggerimento quando ci capita di percepire una certa fatica nel sottrarci alla compulsione del fare quotidiano per sederci in meditazione.

Accade a volte che, sebbene la nostra intenzione sia quella di privilegiare la pratica rispetto … al computer, alla televisione, alla chiacchierata dispersiva e automatica, alla ripetizione di piccoli gesti fini a se stessi, al perderci in proliferazioni mentali che bloccano il libero fluire del pensiero, all’ipnotico girare a vuoto … non riusciamo proprio a rivedere le nostre priorità, a ritrovare in quel momento la motivazione e anzi sorge in noi un moto di avversione a ciò che rischiamo di avvertire come “dovere” e poi a seguire altra avversione: “senso di colpa”.

Allora può esserci di aiuto ricollegarci al luogo e alle persone con cui ci ritroviamo periodicamente a praticare, se lo abbiamo, o a coloro che, nel corso del tempo hanno costruito, nel nostro cuore mente, un’àncora per la nostra pratica. I nostri insegnanti, gli amici, alcuni incontri occasionali, ma significativi, tutte quelle persone che con le loro parole, la loro pazienza, la loro costanza, sono state gentili con noi, affinché anche noi possiamo ricordarci di essere gentili con noi stessi.

Gentili nel tornare a ciò che veramente conta, aprirci al contatto con la vita che si svolge nell’unico momento e luogo in cui ciò avviene: il momento presente ed esattamente lì dove siamo, e ricordare come sia prezioso essere su questa Terra come essere umani.

Infatti, sia che crediamo come in alcune tradizioni in una eventuale rinascita (che non è detto sia nel corpo umano), sia che crediamo nella resurrezione a vita eterna, sia che invece pensiamo che questa sia l’unica vita che abbiamo, come esseri umani rispetto alle altre specie con cui condividiamo il pianeta abbiamo il privilegio di potere non solo viverla così come essa è momento per momento, ma anche di riconoscere, pienamente consapevoli, noi stessi come quella vita che è, così com’è nel momento presente. E questo significa che desiderandolo possiamo anche provare a sciogliere un po’ di quella sofferenza che incontriamo via via.

Cogliere cioè l’opportunità rara che abbiamo, nel momento in cui ci sediamo in meditazione, di coltivare la possibilità di lasciar andare la nostra storia biografica, la nostra individualità (fatta di viaggi mentali nel passato e nel futuro, di reificazione del pensiero ecc.), e dunque i continui movimenti di “voglio”, “non voglio”, liberandoci per qualche istante di un po’ di sofferenza, per semplicemente stare qui ed ora con consapevolezza.

Un certo entusiasmo utile a rivedere le nostre priorità e trovare “tempo” per meditare è anche pensare che ci conviene cogliere questa opportunità (se tale la consideriamo) ora che possiamo. Non sapremo quali saranno le condizioni future e neanche se ci sarà un futuro. Il futuro, se guardiamo a noi con una certa onestà, è al di fuori del nostro controllo.

Accettare questa realtà può aiutarci a lasciare andare difficoltà, dubbi, resistenze.

Ed ancora, se già ci può motivare ricordarci di quanta tranquillità e lucidità e pace l’apertura della mente ci porta, possiamo anche andare un po’ più in profondità e motivarci ancora di più immaginando (cosa reale d’altra parte se usciamo appunto dalla nostra individualità) che non ci sediamo, sulla sedia o sul cuscino che sia, da soli.

Come ci viene suggerito nella tradizione Zen – ce lo ricordò Dario Doshin Girolami, monaco Zen (Centro l’Arco Roma) durante un intensivo che tenne per il nostro Centro – nel momento in cui ci sediamo in meditazione possiamo, simboleggiato dal gesto dell’ aprire le braccia e richiuderle raccogliendo le mani in grembo, dorso sopra palmo e pollici uniti, sederci prendendo con noi tutti gli esseri viventi. Non siamo solo noi in quel momento ad essere seduti in compagnia del respiro, in piena presenza mentale, ma insieme a noi possiamo portare tutti gli altri esseri viventi. Tutti coloro che non possono, per condizioni avverse, praticare per l’apertura della propria mente cuore.

Sentire questa felice responsabilità apre di colpo il cuore e annulla tutte le resistenze e rende irrisorie le difficoltà.

Se la mia felice vita mi permette di praticare traendone beneficio posso restituire il favore alla vita e condividere, almeno nel pensiero, praticando per il beneficio di tutti gli esseri (animali compresi naturalmente!). Questo ci aiuta a non sentirci isolati, separati.

Cominciare a dedicare ciò che stiamo facendo non solo a noi, ma per il beneficio di tutti ci rende molto più aperti, ci porta serenità e pace.

Viceversa la serenità ci viene tolta dalla tendenza della mente all’autoreferenza. Che è sempre unità alla paura, dunque all’avversione, al dubbio, all’incertezza, all’attaccamento, gelosia, avidità. Emozioni che ci fanno soffrire, veramente tanto.

di Bianca Pescatori

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